A distanza di più di dieci anni dalla sua nascita, la Blockchain è considerata una piattaforma di innovazione ed un modus operandi che permette di dare risposte ed opportunità a tante imprese ed organizzazioni oltre che a consumatori e semplici cittadini.
Non è semplicissimo comprenderne compiutamente dettagli e funzionamento. Intorno al termine regna spesso un’aura di mistero, come quella che c’è intorno al suo inventore, celato sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. A distanza di molti anni (il paper che ha dato avvio alla tecnologia è del 2009), la sua identità resta ancora un mistero. E mentre proliferano ipotesi, ricerche e studio per svelarne il nome, la Blockchain è ormai diventata una realtà.
Essa può essere definita come una struttura condivisa e immutabile, utilizzata per la condivisione di criptovaluta o in generale di informazioni. Può essere immaginata come una sorta di registro di una banca che contiene la tracciabilità di tutti gli scambi avvenuti tra i diversi utenti o meglio tra i componenti di un network. Questo registro è però condiviso, ogni componente ne detiene una copia aggiornata e la sua sicurezza e privacy sono garantite dalla crittografia. Il contenuto del registro una volta scritto non può più essere cancellato e resta immutabile. Ne consegue che tutti gli scambi e transazioni avvenuti al suo interno sono registrati e possono essere ricostruiti a ritroso.
Da alcuni anni la tecnologia blockchain rappresenta una cifra della modernità ed ha finito con l’interferire anche con alcuni sistemi economici. Il settore alimentare ne è un esempio.
L’utilizzo della tecnologia blockchain nel settore alimentare
La globalizzazione ha trasformato significativamente il settore della filiera agroalimentare, rendendolo un mercato complesso ed eterogeneo che coinvolge molteplici soggetti con differenti interessi, standard di qualità individuali e spesso contrari a condividere le informazioni necessarie ai fini della tracciabilità alimentare. Tale circostanza, unitamente all’emergere di numerosi episodi di frode e di contraffazione alimentare, da un lato ha aumentato esponenzialmente il bisogno di un coordinamento efficiente tra gli operatori coinvolti, dall’altro ha causato un ingente aumento dei costi di gestione per le aziende che devono, altresì, conformarsi alle normative poste a tutela della salute e della sicurezza pubblica.
La rintracciabilità è divenuta obbligatoria dal 1° gennaio 2006 e l’Italia ha emanato delle Linee guida che prevedono che le imprese adottino sistemi che consentano di mantenere definitiva la provenienza e il destino delle materie prime e degli alimenti prodotti, per agevolare l’identificazione di sostanze nocive soggette al ritiro dal mercato. Gli operatori, in definitiva, devono essere messi in condizione di risalire all’anello precedente e a quello successivo della filiera alimentare: questo è il medesimo obbiettivo che si prefigge la tracciabilità, processo analogo e inverso rispetto alla rintracciabilità.
Tali premesse hanno fondato l’esigenza di cercare nuove soluzioni: tra queste, in particolare, è emersa la possibilità di applicare la blockchain all’intera catena di approvvigionamento, quale misura conforme al suddetto quadro normativo.
Le piattaforme basate su questa tecnologia, grazie alle sue caratteristiche intrinseche – decentralizzazione, trasparenza, sicurezza, consenso distribuito e integrità –, possono implementare solide funzionalità di track and trace, connettendo tra loro i soggetti coinvolti nella produzione e distribuzione degli alimenti e permettendo di annotare all’interno di un registro pubblico condiviso ogni movimento e trasformazione dei prodotti, comprese le informazioni ambientali, durante l’iter “from farm to fork”.
Ogni azione eseguita lungo la food supply chain, potenziata dall’utilizzo delle tecnologie IoT, viene registrata nella blockchain che funge, quale mezzo immutabile e inalterabile, per archiviare informazioni e dati convalidati da tutte le parti partecipanti, con l’effetto di creare una fiducia condivisa.
Da un punto di vista pratico, i fornitori di materie prime etichettano il raccolto con tag RFID (Radio-frequency identification), nei quali sono contenute tutte le informazioni relative alle condizioni ambientali, alle coltivazioni, ai pesticidi e fertilizzanti utilizzati; in seguito, il produttore fornisce a sua volta informazioni sull’azienda agricola, sul processo di coltivazione, sui macchinari coinvolti, sulle condizioni meteorologiche o sulla salute degli animali.
Ugualmente, la fabbrica che esegue il trattamento dei prodotti annota i dati sulle attrezzature e i metodi di elaborazione utilizzati; vengono, poi, registrate e monitorate anche le informazioni relative alla spedizione, come le condizioni di conservazione (e.g. temperatura e umidità) e il tempo di transito.
Il rivenditore registra i dati relativi alla qualità e quantità attuali degli alimenti, le date di scadenza, le condizioni di conservazione e il tempo trascorso sugli scaffali.
Infine, il consumatore sarà in grado di vedere in dettaglio i passaggi associati a uno specifico prodotto, dal fornitore sino al negozio, tramite la scansione di un codice QR.
Cosa può fare Gruppo 2G
Attraverso il proprio team di esperti in tecnologia Blockchain e in sistemi di rintracciabilità, Gruppo 2G può supportare le aziende nella realizzazione di innovativi progetti volti a garantire la tracciabilità dei prodotti non solamente nel settore agroalimentare e biologico, ma anche in altri settori per i quali diventa importante garantire agli stakeholder la correttezza delle informazioni fornite. A titolo di esempio, si pensi alla garanzia di effettivo “made in Italy” di un prodotto della moda piuttosto che della meccanica.